Bronson


Da qualche parte, in qualche sperduto carcere in Inghilterra, mentre io scrivo ci sono migliaia di carcerati rinchiusi nelle celle comuni o in isolamento, ma ce n'è uno in particolare, un certo Michael Gordon Peterson, ed è il carcerato più famoso d'Inghilterra. E questa è la sua grottesca storia.

Ci sono due grandi scuole di pensiero principali che trattano degli avvenimenti della propria vita; il primo crede che tutto ciò che il destino ci serba è dovuto ad una casualità, non a noi stessi, ad alcuni piace dire di questi misterioso destino che sia stato disegnato da un'entità superiore, l'altra, invece, pensa che siano le nostre azioni e soltanto loro a creare quello stesso destino.
Ecco, la vita di Michael Peterson, meglio conosciuto come Charlie Bronson, non sa bene da che parte stare. Da una parte sembra conscio delle proprie azioni, mentre dall'altra sembra in balia del suo carattere violento ed esagerato.


La sua non è una storia che parte con un inizio piacevole, e non ha nemmeno una conclusione piacevole, è un po' come vedere un'anima dell'inferno contorcersi tra le fiamme; Charlie è un uomo che soffre la vita e al contempo fa in modo di soffrire per questo suo stato di non appartenenza.
È famoso (siccome per tutta la vita ha cercato di diventarlo) per il fatto di aver passato la maggio parte della propria vita (35 anni) in carcere, dalla quale non è ancora uscito e per il momento non esiste data di scarcerazione, e per il suo essere smoderatamente violento.
Charlie è un personaggio incredibilmente complesso; esattamente come un bambino di 3 anni, se non riesce ad ottenere qualcosa (e spesso non è chiaro nemmeno a lui cosa), esplode, scatenando la sua violenza contro il primo che passa, senza quasi sentirne le conseguenze, fisiche e psicologiche.


Gira tutto intorno a questo; la sua psicologia. Si sa bene che il genere del bio-pic è un genere un po' smorto, senza molti colpi di scena. Questo più di molti altri, l'ho trovato fine a se stesso. Voleva, ovviamente, rappresentare la misera vita di quest'uomo enormemente disturbato, e Refn lo ha fatto egregiamente, ma la sua è una storia che gira su se stessa, monotona. D'altronde se un uomo è stato in carcere per tutta la vita non ci si possono aspettare viaggi intorno al mondo. Il vantaggio maggiore di questa pellicola è proprio il fatto di riuscire ad incastrarti in questo labirinto di pensieri ed espedienti che esiste nella testa di Bronson, facendoti immedesimare in lui, nelle sue scelte. In gran parte, è di sicuro merito di Refn, per la cura dei dettagli e per un personaggio così singolare, ma Tom Hardy ha dato, come sempre, una mano non indifferente.
Hardy è il vero protagonista di Bronson, e riesce persino a mettere in ombra lo stesso Charlie, quello vero. Tom è stato la chiave di tutto, la sua mimica facciale e fisica hanno creato un continuum durante tutto il film in grado di farti provare le sue stesse emozioni; quando sorrideva lui, sorridevi anche tu, e quando si incazzava, sentivi un fremito. Lui è stato il veicolo, il perfetto veicolo che Refn ha utilizzato per catturare l'attenzione del pubblico e per creare un genere un po' particolare di biografia, pieno di stile.

Commenti

  1. Un grande Tom Hardy per un Refn non perfetto, ma potente. Concordo sul voto.

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  2. Il film non mi piacque granché, ma Hardy è straordinario.
    Quello sempre, o quasi. Con lui e un giovanissimo Cumberbatch ti consiglio di recuperare Stuart - A Life Backwards.
    E' una coproduzione HBO e BBC, un film per la televisione, ma quanto è potente.

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  3. Mi piacque molto all'epoca. Forse lo trovo un "pochino" pompato dai fans.
    Ad esempio: miei amici lo elogiano già a "cult" del genere, forse è un pochino esagerata come cosa...

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    1. Sotto "cult" lo vedo molto bene, ma non per questo lo si deve definire capolavoro. I capolavori sono altri.

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  4. Alla fine gli hai messo il mio stesso voto XD
    Comunque sì, come dice il Ford, un film potente ma imperfetto. Però mi ha messo particolarmente a disagio.

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    1. È vero, perchè è il voto più corretto. Non è da sufficienza ma non è nemmeno da 4. Francamente la performance di Hardy e l'esercizio di Refn non bastano per fare di un film un ottimo film, almeno in questo caso. Ciò che ha pesato moltissimo è il contenuto, a mio parere. È troppo incentrato sulla sua psicologia, tanto da non far notare quanto giri su se stessa la trama.

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  5. Adoro letteralmente questo film, sebbene non credo sia il caso di mettersi a urlare "capolavoro" come fanno in molti. Film fortissimo, che trasuda originalità nella regia e nella messa in scena, e talento di Hardy nella recitazione, che però finisce per perdersi un po' nel finale, nel quale sembra Refn sembra innamorarsi del proprio stile finendo per eccedere.

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