Into the Wild - Nelle terre selvagge


Il fatto che questo film sia così osannato, uscito nel 2007 e diventato subito cult, mi ha sempre incuriosita ma mai abbastanza per dargli una possibilità, forse per paura di rimanerne delusa e uscire dal coro. Così, recentemente mi sono fatta forza e ho iniziato anche io questo viaggio di due ore e mezza nelle terre selvagge dell'Alaska.
Ho sempre invidiato chi viaggia, qualsiasi tipo di viaggio, quelli costosi e lunghi in terre lontane, quelli nel proprio paese o al risparmio, o quelli di un weekend in una città d'arte. E adoro viaggiare, adoro risparmiare e rinunciare per potermi permettere di esplorare nuovi colori e sapori del mondo ed entrare in contatto con altre culture, parlare con gente che vedrò una volta in tutta la mia vita, organizzare per mesi le tappe di un viaggio.
Purtroppo però non avrei lo stesso coraggio di Christopher McCandless, l'uomo che ha davvero deciso di lasciare l'agiatezza per partire da solo verso l'ignoto, vivendo alla giornata nella natura.


Volendo essere del tutto sinceri, questo film mi ha stranita fin dal principio. Sean Penn credo si sia così tanto impegnato nell'avere la possibilità di produrre e dirigere questo film da dimenticarsi di realizzarlo con cura. Già solo le prime scene, con queste voci fuori campo confuse e le immagini a rallentatore, hanno conferito un inizio particolarmente strano al film, una sorta di tentativo di far capire al pubblico quanto Sean Penn sia incredibilmente poetico e non materialista, introducendo a modo suo la storia.
L'idea che alberga nel mio cervello dal momento esatto in cui è finito il film è una sensazione indescrivibile di confusione e astrattezza, perchè non è altro che un insieme di banali frasi fatte sul significato della vita e su quanto la felicità possa essere effimera, nulla che non abbia già visto o letto altrove. 
Il fatto che questo giovane ragazzo lasci una delle famiglie più ricche d'America e non guardi in faccia nessuno, deciso a partire per ritrovare se stesso non sta proprio in piedi. Il lato bambinesco e aspro di Christopher secondo me non riesce a trovare un giusto equilibrio con quella adulta e filosofica, tanto adulta quasi da non provare sentimenti per le persone che incontra sul suo viaggio e le quali invece rimangono distrutte e sconvolte dal suo incontro, apparentemente lacerate in due per l'eternità. 
E' una biografia, e come tale sulla trama solitamente non si possono avere molti dubbi, ma noi non sapremo mai se questa sia o meno l'esatta rappresentazione di quel ragazzo e del suo viaggio, in fondo noi di lui abbiamo solo un diario con scritte le tappe e le sue riflessioni, e ho la sensazione che su questo ragazzo sia stata calcata la mano (come spesso accade) per farne un (quasi)perfetto prodotto cinematografico, pieno di poesia e pazzia, come per volerne creare un modello di semplicità e purezza nella complessa e contorta società di oggi. Non riesco a fare a meno di pensare che forse nella realtà è stato tutto molto più intimo e semplice di come l'hanno voluto presentare a noi, e questa infinita quantità di piccole lezioni di vita anche un po' forzate che straborda a fiumi mi ha lasciato l'amaro in bocca. E' il classico esempio di quando si vuole strafare.


Non mento quando dico che negli anni ci sono stati film molto meno acclamati e conosciuti che sono riusciti a darmi molto più di quanto sia riuscito questo. Probabilmente le intenzioni erano delle migliori ma il risultato non è stato quello sperato, almeno non con me, in fondo sono argomenti molto complessi da trattare, tanto più quando si parla di una biografia.
Per come ne avevo sentito parlare mi aspettavo ben altro, sotto ogni punto di vista, mentre adesso avrò di lui il ricordo di magnifici paesaggi e un'avventura ai limiti dell'assurdo con un attore protagonista, Emile Hirsch, che (non a caso) somiglia incredibilmente a DiCaprio e altri nomi come Jena Malone, Kristen Stewart e Vince Vaughn.




Commenti

  1. Mi sento meno solo.
    Personalmente, una delle più grandi perculate della storia recente, pieno di frasi fatte e filosofia spiccia.

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    1. Ah molto bene, adesso sto meglio anche io xD
      Concordo in pieno.

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  2. Sulla persona di Christopher McCandless si potrebbero scrivere libri. Io lo considero un egoista di prima categoria... Il film ha rafforzato sempre di più questa mia idea.
    Non ti nego che il finale mi ha commosso, ma per il resto della pellicola ho sempre avuto il "prurito".

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    1. Si forse è proprio la sua natura egoista ad avermi dato fastidio, egoista e ogni tanto davvero insensibile. Sarà che sono molto diversa da lui ma c'è sempre stato qualcosa che mi ha dato fastidio.
      Per quanto riguarda il finale, credo che sia stato in linea con il resto del film e (pur essendo una storia vera) giusta e coerente. Sembra impossibile che non sia romanzata tanto è in linea col resto.

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  3. In effetti mi aveva dato leggermente fastidio che questo ragazzo con tutti i soldi che ha (magari c'è l'avessi io) decide di fare questo viaggio secondo me senza un vero senso, la felicità è in noi stessi, basta farla uscire ;)

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    1. Per quanto la parte filosofica che c'è in me possa anche capire la scelta di voler entrare in contatto con la natura ed il senso della vita, è stato proprio il contesto generale e non la scelta in sè a farmi storcere il naso.
      È una sensazione anche molto complessa da spiegare, ma mi è parso molto surreale che un ragazzo cosí giovane e con un'istruzione di base possa aspirare a tanto pur vivento in un tale agio.

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