Paterson


Paterson porta lo stesso nome della sua piccola cittadina, nel New Jersey, dove vive con sua moglie Laura ed il cane. Conduce una vita tranquilla immerso nella propria quotidianità svolgendo il suo mestiere di autista e, appena può, scrivendo poesie su un piccolo quaderno.

Del regista, Jim Jarmusch, conosco molto poco. Solo gli amanti sopravvivono, anche se lo conosco di fama da molto tempo, è nella mia lista da mesi, ma non trovo mai quel momento nell'ultimo periodo in cui penso "ok, stasera ho davvero voglia di guardare un dramma romantico con vampiri protagonisti". Perciò è ancora lì, che mi chiama ogni giorno a squarciagola, ed io faccio finta di non sentirlo. Quindi no, non potrò per il momento parlare di Paterson in relazione i suoi lavori precedenti, ma ne parlerò come film e basta, come, dopotutto, dovrebbe essere sempre.


Questo è un film che parla di arte, in cui il protagonista vive e respira arte, e come ogni film che parla d'arte, Paterson è un film difficile. Qui non viene raccontata quell'arte da documentario di una band famosa, quella che tutti conoscono, apprezzata da persone in tutto il mondo, non un'arte "facile" come potrebbe essere la musica, si parla di poesia, ma ancora più di poesia si parla della vita di tutti i giorni. Paterson infatti sembra vivere in un loop temporale. Io, che sono una persona molto metodica ed abitudinaria, adoro prendermi il mio tempo, svegliarmi presto, programmarmi le giornate con più regolarità possibile, quindi in parte la quotidianità di Paterson non mi turbava, fino a quando non ha iniziato ad irritarmi profondamente. 
Mi è venuto in mente, il relazione a questo film, uno, se non il più importante, dei messaggi di quel film tanto bello quanto melenso che è Questione di tempo il quale in poche parole parlava del segreto della felicità, ovvero quello di vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo, con più semplicità possibile, assaporandone ogni minuto, anche nei suoi più piccoli gesti. Paterson vuole in parte parlare di questo, come dice la locandina, della bellezza che sta nelle piccole cose, nell'amare ed essere amati ogni giorno, nel dare e nel ricevere, ma finisce qui?


C'è qualcosa che stona in queste due ore di film. Prima di tutto ho trovato che non avesse ritmo se non per il susseguirsi a ripetizione delle azioni dei protagonisti, ma peggio ancora che fosse di una monotonia snervante, la costante attesa di un accadimento che poi non avviene mai, della reazione spontanea di qualcuno, di una frase detta per caso che finalmente cambia le cose. Non metto in dubbio che possa essere una scelta del regista focalizzarsi completamente sulla loro quotidianità, senza dover per forza seguire la struttura alla quale siamo abituati, ma, obiettivamente, quelle due ore mi sono sembrare dieci.
Come se non bastasse il concetto di arte era talmente astratto nel contesto da sembrarmi tutto troppo distaccato. Mi è parso di assistere alla vita di una persona completamente bilanciata, talmente in pace con se stessa ed il mondo da sembrare un automa. Dove sta l'emozione? Dove sta la passione che è da sempre figlia dell'arte? Ho visto più passione nella relazione con Laura, fatta di pazienza e dare reciproco, piuttosto che nei gesti inespressivi di Paterson. Insomma, condivido pienamente l'iniziativa di parlare di arte non per tutti, il messaggio è giunto ed io per prima ho fatto molta fatica a giungere a delle conclusioni, ma nella totalità dell'esistenza di queste persone non ho trovato alcuna naturalezza, non c'è niente di naturale, ad esempio, in una coppia ogni giorno perennemente di buon umore.


Inoltre penso che oggi l'inespressività sia diventata di moda. Se quella di Adam Driver qui è stata un'ottima interpretazione, come ho letto spesso, io recitare non so minimamente cosa sia, il che può essere, non lo metto in dubbio. Sicuramente recitare non è solo dimostrare di sapersi esprimere con il viso, ma la recitazione si compie con l'utilizzo di tutto il corpo, entrando in una parte e trasmettendo delle sensazioni e non metto in dubbio che qui Driver fosse azzeccato, ma di sicuro non la trovo un'ottima interpretazione, non perché lui non ne fosse capace, ma perché questo film non gliene ha dato l'opportunità. Secondo me non si può giudicare l'interpretazione di un attore in una parte del genere, dal momento in cui non si sta nè giudicando un uomo, nè tantomeno un robot.
Probabilmente non riesco a capirlo perché non riesco ad immedesimarmi nel personaggio. Sono una persona tranquilla ma in certe situazioni sono sicura di reagire con un po' più di umanità, almeno lo spero.
Parlando di regia, anche se non conosco il regista, credo che almeno con me non abbia funzionato. Aveva tutti i presupposti per piacermi, adoro questo genere, eppure la sua lentezza me lo ha fatto pesare moltissimo, come dicevo anche prima. Ho apprezzato un po' più la fotografia, sobria, che ha risaltato se non altro la semplicità delle piccole cose di cui voleva parlare. 
Non mi ci sono ritrovata, tutto qui, e di conseguenza, essendo monotematico, non sono riuscita ad apprezzarlo. Giudicando per la mia esperienza, mi è sembrato forzatamente sopravvalutato.


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