Viaggio nella storia del cinema: Tre colori - Film blu

Vedete che ogni tanto nello studiare qualcosa di positivo a volte c'è! 
Sto preparando un esame di storia del cinema e questo mi ha dato la possibilità di vedere una dozzina di film che qualsiasi appassionato dovrebbe vedere, quei titoli che hanno fatto davvero la storia del cinema ma che per pigrizia non si ha mai la voglia di guardare. Ad esempio, chi avrebbe mai voglia un martedì sera di accendere la televisione e di guardarsi La corazzata Potemkin? Credetemi che nemmeno io avevo voglia, d'altronde il titolo più recente della lista era Il pianista del 2002, che per altro avevo già visto, mentre il primo titolo era del 1926.
Ciò che ho capito alla fine di questo mezzo supplizio è che amo ancora di più il cinema, e che non bisognerebbe mai precludersi una visione per dei pregiudizi. Per questo motivo ho pensato di dedicare una collana di recensioni a questi famosi titoli, sperando di invogliarvi a guardarli come me per la prima volta con un po' più di contesto storico e tecnico. Dopo di che deciderete voi se sono davvero cagate pazzesche oppure no.

Julie perde in un incidente d'auto il marito Patrice, famoso ed apprezzato compositore, e la piccola figlia. Julie non è in grado di fronteggiare questa enorme perdita e, dopo un vano tentativo di suicidio, decide inconsciamente di voler dimenticare la sua vita precedente all'incidente, dissociandosi dalla realtà. Ancora una volta però, Julie non riuscirà a scappare e la vita la costringerà a fare i conti con i suoi ricordi.


Un accenno di storia: La trilogia del celebre regista polacco dei primi anni '90 è dedicata ai colori della bandiera francese ed al suo motto. Il film blu tratta quindi della libertà intesa non come libertà politica ma come libertà di vita, che Julie cerca durante lo svolgimento. Il colore blu, come anche negli altri film con i colori bianco e rosso, viene ripreso sovente attraverso l'utilizzo di oggetti o delle stesse luci colorate che non fanno che riportare Julie nel suo passato.

Kieslowski è andato subito al punto. Non abbiamo assistito alla vita di Julie prima di quel fatidico incidente, il regista ci porta automaticamente a pensare che fosse un'esistenza felice, con i problemi quotidiani che tutti noi possiamo avere, ma Julie era completa. In un attimo, per una distrazione in un momento spensierato, ha perso tutto.
La sua reazione a questo cambiamento repentino non poteva essere peggiore: Julie decide di chiudersi in se stessa e si rifiuta, in un primo momento, di affrontare il lutto. Per quanto provi a disfarsi di tutti gli oggetti che appartenevano al marito, alla figlia e alla sua precedente vita, il destino la obbliga a tornare sui suoi passi benché lei cerchi continuamente ad evitare l'aiuto di chi le vuole prestare soccorso. 
Il primo avviso da parte del regista del suo tentativo di isolamento arriva proprio poco prima della sua dimissione dall'ospedale, quando la giornalista prova ad approcciarsi a lei. Per esprimere l'ermeticità di Julie, il regista oscura brevemente l'inquadratura per esprimere una parte di Julie che, anche davanti ad un aiuto dall'esterno, decide di confinarsi in se stessa, di alzare un muro con l'esterno che separa la sua anima straziata dal dolore con i ricordi ed una più sana elaborazione del lutto. Questa tecnica di oscuramento e di montaggio è un punto cruciale del film, accompagnato da alcune note di un brano che fa da filo conduttore della vicenda e che aggiunge una nota terrificante al film. In quelle note gravi, che ricordano molto un momento cruciale di un film dell'orrore di Dario Argento, la mia sensazione è stata quella di un'autoflagellazione, come se la Julie interiore, rinunciando a condividere il suo dolore con terzi, si sacrificasse poco a poco, ed il risultato è terrificante. 


Regina indiscussa di questa misteriosa opera è Juliette Binoche che equivale alla mia prima volta di assoluto coinvolgimento con un'attrice francese.
Ciò che non bisogna aspettarsi guardando Film blu è una recitazione regolare, tanto meno enfatica, ma piuttosto molto soggiogata, silenziosa e pensierosa. Juliette, chiudendosi in se stessa, rinuncia alla vitalità (oltre che alla vita) e decide di non rimanere mai più emotivamente coinvolta da persone o fatti. Per questo motivo la sua recitazione appare quella di un personaggio in trance, sospeso tra sogno e realtà, che non ha ancora realizzato completamente la sua situazione e vuole vivere nella menzogna, ad esempio con l'assurda relazione che intraprende con il collega del marito defunto.
Julie ha bisogno di sentirsi amata, ma allo stesso tempo non vuole amare. Vuole astenersi dall'approfondire le dinamiche dell'incidente o della vita che il marito le nascondeva, ma allo stesso tempo la curiosità ed il fato la spingono a fare delle ricerche.
Nella sua recitazione così sottomessa alla vita, che la porterà poi a trovare una nuova libertà, Juliette riesce ad esprimere completamente lo strazio interiore, pur sembrando distaccata dalla vicenda.

Commenti

  1. Sono passati tantissimi anni da quando l'ho visto, ce l'avevo in una vhs uscita allegata a qualche quotidiano... o forse a L'Espresso? Al tempo, anche se ero piccolino, mi piacque molto. Chissà se recuperandolo...

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    1. Da molto giovani non dev'essere una visione molto semplice, complimenti!!

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    2. Beh con piccolino intendo 16-17 anni :D (son vecchio ;_;)

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    3. Immagiunavo, ma comunque sia è ancora un'età molto leggera, io a sedici anni non mi sarei mai sognata di guardarlo!

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  2. E' proprio vero come i pregiudizi, spesso, possano nuocere alla voglia di conoscere e scoprire certi capolavori. Pensa a "La Corazzata Potemkin"... per colpa di Fantozzi è diventato uno "spauracchio" per intere generazioni di studenti e spettatori! Eppure è un film magnifico, e soprattutto, contrariamente a ciò che si crede, non è affatto un "mattone" interminabile: dura meno di un'ora! :) Povero Ejsenstein! :D

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    1. No, non è lungo è vero, però se uno non ha presente il cinema di quegli anni si spara pur durando poco. Questo luogo comune è solamente fonte di malinformazione.

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  3. Credo che pochi guarderebbero la famigerata corazzata per puro diletto molte volte. Per me è diventato più importante che bello, ma va detto che senza di quello il cinema sarebbe eoni indietro e se ci si definisce appassionati è una visione importante. Dipende da quello che si vuole.
    Comunque mi hai portato dei ricordi incredibili... fu il mio primo approccio col cinema 'impegnato', in un'epoca dove non c'erano ancora scaricamento e streaming, dovetti comprare il cofanetto! XD il mio preferito del trittico è "Film rosso". La protagonista poi è bellissima!

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    1. Bè certo, il concetto di "bello" credo vada di pari passo con le tecniche contemporanee, ma è sicuramente stato rivoluzionario e gli dobbiamo molto del cinema di oggi. Comunque parlerò appena riesco anche di quello xD
      Rosso e bianco li devo ancora vedere, ho dato precedenza a quelli che erano per l'esame.

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  4. Oddio, è per un esame quindi va bene, però già solo a pensare di vedere certi film io impazzirei, non ci riuscerei mai, due 'scatole' :D

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    1. Eppure però posso garantirti che conoscendone bene il cinema di quegli anni, le tecniche utilizzate e i vari messaggi nascorsi diventano molto interessanti, come poi ogni cosa quando viene spiegata. Inizialmente la pensavo come te ma sono stata ben contenta di avere avuto questo pretesto per avvicinarmi, me lo ero promesso.

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  5. Visti per cultura personale...
    La "trilogia dei colori" l'ho trovato davvero caldo... capace di donare emozioni che vanno oltre quello che si vede. Non riesco ad esprimermi bene, ma del resto è difficile parlare di un'emozione.

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    1. Si è davvero complicato, anche io non l'ho trovato facilissimo da spiegare, nonostante sapessi che si trattava di una reazione positiva.

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