Crisis in Six Scenes


Come dicevamo, la televisione sta crescendo a vista d'occhio ed anche i più grandi sentono nell'aria il cambiamento, un cambiamento a cui tutti, prima o dopo, dovranno adattarsi. Per questo grandi e piccoli nomi del cinema, come Tarantino, Nicolas Winding Refn, il grande maestro dell'horror Dario Argento, Sorrentino col suo papa anticonformista, stanno prendendo in considerazione o hanno già deciso di lanciarsi in progetti nuovi e legati alla televisione. E ad anticiparli tutti è il più anziano del gruppo, il fantastico Woody Allen che ha donato un pezzo di sé a questo fiorente mercato. 

Siamo negli anni '60, in un periodo di grande fragilità dal punto di vista politico per gli Stati Uniti. Sidney Muntzinger è uno scrittore benestante sposato con Kay e soddisfatto della propria vita, deciso a scrivere (guarda caso) una serie tv. Sid (così viene soprannominato) è turbato dal fermento di giovani rivoluzionari, notizie che sente alla televisione, quando ad un tratto ricevono la visita di Lennie Dale, conoscente della moglie Kay che non vedeva da anni, adesso diventata una rivoluzionaria radicale con le idee molto chiare.


Woody Allen ha questo pregio di metterti a tuo agio. Naturalmente deve piacere il suo genere, non possiamo pretendere che alla veneranda età di 80 anni di punto in bianco cambi lo stile che lo ha da sempre contraddistinto. L'unica differenza tra questa serie tv ed i suoi film è che in questo caso ha avuto la possibilità, dividendolo in sei episodi da venti minuti l'uno, di entrare più precisamente nella psicologia dei personaggi, lui compreso, e di raccontarci l'intero sviluppo emotivo della famiglia, sconvolta dalla visita di Lennie.
Woody pare sempre interpretare se stesso, cosa che io personalmente adoro, e pensando a lui come regista giunto ad 80 anni penso ad una persona completamente a suo agio nella sua quotidianità, anche un po' ossessionata da essa, una persona con dei riti giornalieri ben precisi e che scandiscono i tratti un po' pazzi della sua personalità. Me lo immagino così. E proprio da un personaggio di questo tipo ha preso spunto per questa storia, per lo più girata nella loro casa invasa da estranei.


Lennie Dale, interpretata da una Miley Cyrus completamente a suo agio nel ruolo (forse aiutata dal suo stesso stile di vita molto anticonformista e attivo), è la bomba della locandina, distrugge gli equilibri della famiglia e dei loro conoscenti e amici, ma molto lentamente, giorno dopo giorno, libro dopo libro, svegliando dal torpore una piccola comunità benestante e assopita, che forse inconsciamente non vedeva l'ora di affrontare qualche cambiamento, anche se temporaneo o forse, chissà, anche permanente.
Non mancano mai i risvolti comici della vicenda, situazioni imbarazzanti e surreali, dialoghi divertentissimi che stanno a ricordare il Woody di sempre, quello che conosciamo tutti.
Questa serie è a tutti gli effetti un film di 120 minuti; ogni episodio è strettamente collegato a quello precedente, creando una storia omogenea e assolutamente piacevole, fortemente influenzato dal teatro per queste scene molto lunghe con immensi dialoghi.
Che dire di più, per me l'esperimento è riuscito egregiamente, e se tutte le serie comiche fossero così, saremmo a cavallo.

Commenti

  1. Allen è un gran furbone.
    Si è parato il culo, dicendo che non era soddisfatto della serie, per mettere le mani davanti, ma io - almeno i primi due episodi, ché sto indietro - non li ho trovati niente male. Felice, comunque, di leggere un parere positivissimo come il tuo. ;)

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    Risposte
    1. Arrivato a questo punto non dovrebbe proprio avere paura di fare un buco nell'acqua, soprattutto con un prodotto così prevedibile.
      Sono contenta che ti stia piacendo, e secondo me gli episodi successivi sono anche meglio.

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  2. COncordo con Mr Ink. Allen si è parato il culo, ma da suo (ex)hater quale io sono, ho letteralmente detestato questa serie.

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