È solo la fine del mondo


Louis, drammaturgo ormai famoso, torna a casa dalla famiglia dopo dodici anni di assenza per comunicare la sua malattia terminale. Ad attenderlo ci sono la madre, la sorella, il fratello e la moglie di quest'ultimo.

Dolan mi aveva scioccata con il suo precedente Mommy, emozionandomi in ogni singola scena, un film tanto intenso da essere raro, almeno per i miei gusti. Di sicuro quello è stato uno dei titoli più belli che abbia visto poi nel 2015, e continuavo a posticipare quest'altro, quasi per paura di non uscirne affascinata tanto quanto con l'altro, fino a quando non ho più potuto aspettare.
L'attesa era diventata un tormento, se non l'avessi visto, avrei iniziato ad odiarlo.


Adattamento della piéce teatrale di Jean-Luc Lagarce, è, infatti, molto teatrale anche il film che inizia con un botto, continua con un botto e finisce...col botto. Come al solito mi trovo sempre un po' alla ricerca delle parole giuste per descrivere film come questo, ma con i suoi a quanto pare è una ricerca ancora più particolare; Dolan dosa e sceglie le immagini con una precisione chirurgica, e quindi io mi sento in dovere di non tralasciare nulla.
Dovete sapere che Xavier, questo giovane ragazzo canadese, è ossessionato dai primi piani, dalle inquadrature strane, storte, soffocanti. Il film, di soli intensissimi 90 minuti, è ambientato quasi interamente in una casa di campagna, arredamento classico, con molto legno, ma per lo piú uno se lo immagina, perché le immagini che ci da sono veramente poche, qualche flash qua e lá che devi cogliere tu e comunque con una visuale molto ristretta, perché per lo più ci sono i volti a riempire le inquadrature, primi piani che lasciano senza parole, di una tale bellezza da far sembrare "bello" pure Vincent Cassel, ed è detto tutto. Ma i primi piani, quando sono belli cosí, vanno bene, perché ti spingono ad immaginarti il resto, soprattutto in un film pittoresco come questo, dove anche i colori spenti dei tessuti o del legno sembrano interpretare loro stessi.


La situazione che ci presenta questa volta è delle più semplici: chi non ha un rapporto di amore/odio con la propria famiglia? In tutte le famiglie normali c'è, tra qualcuno, dell'astio represso, delle questioni non risolte o delle cose mai dette e solo pensate che con gli anni diventano dei giganti, difficili da intavolare e semplificare in una conversazione qualsiasi. Aggiungiamo il fatto che la famiglia in questione sia al limite dello psicopatico, e vi verrà fuori uno mix perfetto per il manicomio. Fatto sta che il ritorno a casa di Louis viene accolto da ogni componente della famiglia in modo diverso; il fratello Antoine è sopraffatto dall'orgoglio per il fratello che ha amato e che forse ancora ama, ma allo stesso tempo invidioso di lui che ha avuto l'occasione di lasciare il nido mentre lui è dovuto rimanere. La sorella Suzanne era piccola quando Louis se n'è andato, ed è praticamente cresciuta in sua assenza, e per questo motivo da una parte ne è da una parte invidiosa e dall'altra ammirata. La madre Martine, mai abbastanza pronta per riceverlo e tesa come una corda di violino, è immersa nelle domande che lo riguardano, domande a cui non ha risposta da anni, oltre a quella più recente, ovvero il motivo della sua visita. E poi c'è Catherine, una donna insicura, sopraffatta dal comportamento invasivo del marito Antoine, trova in Louis una figura familiare, simile a lei, e che probabilmente riesce a capire meglio di chiunque altro in quella casa.


Louis è il protagonista, ma al contempo non lo è. E' solamente la miccia, una volta oltrepassata la porta di casa la tranquillità sarà un ricordo apparentemente molto lontano e dovrà prendere una decisione al più presto. Louis quindi torna dalla famiglia con un obiettivo ben preciso, ovvero comunicare la sua morte, ma, mentre all'inizio sembra essere la chiave della nostra angoscia, si rivela essere un piccolo dettaglio nel mare di accuse e litigi che riemergono seppelliti negli anni. Noi sappiamo solo che lo dovrà fare, che è lì per quello e che non sarà facile trovare il momento giusto, che probabilmente non esiste un momento giusto per comunicare una cosa come questa. Noi non possiamo far altro che compatirlo ed accompagnarlo, facendoci forza insieme a lui in questa carneficina di emozioni. Ancora mi stupisco della straordinaria maturità di Dolan nel trattare tematiche non tanto di questo genere ma con un'intensità strabiliante, che ti fa pensare che le abbia vissute in prima persona certe circostanze.
E così ci troviamo come Catherine, inermi in un vulcano di monologhi, di dialoghi serrati che non lasciano né a Louis né tanto meno a noi il tempo per respirare e che esaltano magistralmente la bravura prima di tutto (e inaspettatamente) di Vincent Cassel, artefice di un monologo finale da brivido, seconda Léa Seydoux che finalmente trovo completamente immersa nel film, con un'interpretazione altrettanto ben riuscita, ed ultima Marion Cotillard, non a fuoco come altre volte ma comunque fondamentale.


E adesso arriva la parte difficile. Quella in cui devo spiegare perché per me è un film da 8 e non da 10. Fondamentalmente credo sia colpa della troppa pienezza di sentimento che ha fatto l'effetto contrario per me, andandosi ad annullare da solo. In pratica ho apprezzato moltissimo le sequenze principali, quello stupendo gioco di sguardi tra la Cotillard e Ulliel, Cassel nel monologo di cui parlavo prima e la musica che ogni tanto partiva come per farci tirare una boccata d'ossigeno. Tecnicamente, pur nella sua originalità ed unicità, credo sia impeccabile, ma per me ha peccato di coinvolgimento emotivo, che forse succede proprio quando si punta un po' troppo sull'emotività del pubblico. Non dico che sia un drammone familiare strappalacrime, perché non è questo il caso, siamo a ben altri livelli, però non ricordo una scena in cui non provasse direttamente a scuotere il pubblico, e probabilmente questa eccessiva concentrazione in serrati 90 minuti lo ha privato della comunicabilità fondamentale, basilare. Sono rimasta affascinata più dalla sua regia e dalle interpretazioni più che dal contenuto.

Commenti

  1. Conoscendo bene la pièce alla base, mi ha impressionato meno del solito, l'ultimo Dolan. Lui bravissimo, grandi attori, ma ha il freno a mano tirato e troppo rispetto per il dramma di Lagarce. Mi è piaciuto, sì, ma Mommy l'ho consigliato pure ai muri. Qui è mancata la scintilla.

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    1. Stessa impressione, anche se io parlo da profana non conoscendo la pièce. Esteticamente molto bello, ma mancava l'emozione che mi travolge come la volta scorsa.

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    2. L'ho visto ieri, bellissimo film ^_^

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