L'ottava nota (Boychoir)


Purtroppo si va verso il periodo dell'anno meno interessante, ovvero primavera ed estate, sperando comunque che abbia in serbo per noi ancora qualche sorpresa. Ma per me equivale a quel periodo dell'anno in cui se non altro passo meno tempo in sala e più tempo a recuperare titoli, e di quelli sono sempre piena zeppa.
Boychoir era già uscito nei cinema inglesi quando, due anni fa, stetti un mese a Londra per studio. In quell'occasione mi sarò ripetuta almeno una volta al giorno di volerlo andare a vedere, ma il prezzo del biglietto è stato quello che mi bloccò, mi pare fosse che in euro fossimo sui 15, quando per me è già una follia pagarne 9 normalmente, perciò ho desistito recuperandolo da poco in DVD.

Stet è un ragazzino di 12 anni problematico che si ritrova a dover affrontare la morte della madre single. In seguito ad un difficile rapporto con il padre, Stet finisce a studiare canto in una prestigiosa scuola specializzata in voci bianche. Qui Stet troverà nella stessa persona sia un insegnate ferreo di canto, sia un insegnante di vita.


Adesso non per passare per la megera di turno, non ho mai sopportato l'idea dei collegi (spesso e volentieri di suore o preti) in cui ragazzini, spesso contro il loro volere, venivano abbandonati e maltrattati, confondendo la cattiveria con l'insegnamento e vice versa. Credo che ci siano sempre delle giuste vie di mezzo in tutte le cose, anche se spesso è difficile trovarle e perseguirle per tutta la vita. Su questo però la nostra società ha ancora molto da imparare, ed il principio di questo film lo trovo del tutto adeguato ad una realtà in cui ormai ai propri figli non vanno più imposte delle regole, dette certe cose, metodi di crescita soggettivi e del tutto discutibili, completamente permissivi, sotto qualsiasi punto di vista. Io credo invece che sia giunto il momento, visto ciò che succede in giro e soprattutto se vogliamo un futuro migliore per tutti, di creare un connubio tra la troppa rigidità dell'insegnamento del passato, e la completa liberalità di oggi e farne tesoro, ad iniziare dalle scuole, tornando ad un rapporto insegnante-studente che si basi sul rispetto reciproco e in cui ci siano delle adeguate gerarchie, in cui non vengano solo insegnate la matematica e l'italiano, ma anche i valori che si stanno perdendo per strada.


Dustin Hoffman qui incarna la figura dell'insegnante perfetto, si direbbe utopico, ferreo ma al punto giusto, quella persona che tutti troviamo una volta nella vita, che ti dice di no per un bene superiore, o meglio, per il tuo bene, anche se al piccolo Stet inizialmente sembra un affronto. 
Il principio è quello del bellissimo Whiplash, con cui ha in comune sia la figura dell'insegnante dall'approccio severo con l'obiettivo di tirar fuori il meglio dal ragazzo, sia la componente musicale. Naturalmente in Whiplash J.K. Simmons interpreta un insegnante molto più drastico, se vogliamo violento, proporzionato all'età del musicista con cui ha a che fare e, come dissi ai tempi, con un metodo educativo del tutto discutibile, perché si sfocia un po' nell'estremo. Il caso di Boychoir è quantomeno verosimile, anche se non può vantare di sicuro il medesimo ritmo incalzante di Whiplash, campo in cui la musica fa tutto, perché se c'è una cosa che il giovane Chazelle ha imparato, è che il jazz, se messo in un certo modo, piace quasi a tutti, mentre i cori di voci bianche, per quanto emozionanti, sono un po' meno orecchiabili.


Nulla stona come allo stesso tempo nulla va fuori posto. Il film rispecchia l'eleganza monotona della scuola nel quale è ambientato, non portando a grandi colpi di scena, e purtroppo presentando qualche cliché del genere che non mi aspettavo. Dustin Hoffman trovo che ultimamente stia accettando ruoli non troppo rischiosi, per non sbilanciarsi e non rovinarsi i tanti anni di lavoro, ed è per questo che le sue interpretazioni finiscono per somigliarsi e non essere memorabili. Al suo fianco c'è la versione maschile di Chloe Grace Moretz, l'ora diciassettenne Garrett Wareing, perfetto per la parte, ed una sempre piacevolissima Kathy Bates in una parte secondaria.
Nel complesso non è una visione spiacevole, anche se non spicca per l'originalità, ma riesce bene nel suo filone di dramma musicale soprattutto per i contenuti, per questo infatti si presterebbe molto bene alle proiezioni nelle scuole.

Commenti

  1. E' passato tempo fa in tv se non sbaglio, ma non l'ho visto perché mi non m'attirava granché, ora non credo che per questa recensione recupererò, però una chance potrei darla, se sarà lo saprai ;)

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  2. Anonimo3/16/2017

    CIAO
    Anch'io l'ho visto in tv e confesso che mi è piacciuto.
    Le voci bianche sono emozionanti perchè sono passeggere e quindi in quel caso bisogna proprio dire :cogli l'attimo fuggente!
    Bella la scena di quando Stet studia e durante l'esibizione riesce a raggiungere il re alto.
    Bella la scena finale dove perde la voce ma viene finalmente accettato dal padre e dalla sua nuova famiglia.
    Un gioiellino di film , mi ha emozionato , sarà anche perche' da poco faccio parte di un coro e la cosa mi sta divertendo non poco.
    Una pecca di L'OTTAVA NOTA è che ci son troppo poche scene cantate potevano osare di piu'secondo me.
    Ora la cosa che devo assolutamente fare è quella di recuperare WHIPLASH che non conosco ma da come ne parli deve essere anche quello un bel film...
    Massimiliano

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    Risposte
    1. Ciao Massimiliano!
      Io mi aspettavo qualcosa di più ma alla fine è una visione piacevole. Trovo che le scene cantate fossero giuste, patisco un po' quando in un film si esagera con la musica, a meno che non sia proprio un musical, e anche lì ci sono dei limiti.
      Con Whiplash non ci sono paragoni, siamo proprio su due mondi diversi, anche se il principio di base ce l'hanno in comune. Whiplash è molto bello consiglio vivamente di recuperarlo al più presto ^^

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