Jackie


Jacqueline Bouvier nei momenti che precedono e seguono la morte del marito J.F.K. 

Personaggio che io sinceramente non ho mia "studiato" più di tanto. Purtroppo si tende sempre un po' a dare più importanza, soprattutto studiando la storia, ai nomi che sulla carta hanno fatto la storia, come se Jackie non avesse il diritto di avere voce in capitolo, come se fosse solo la donna che ha sposato l'uomo giusto, come se non avesse una voce.
Fortunatamente, nonostante lo spazio minimo che i nostri libri di testo del liceo dedicano a figure come la sua, in America la figura della first lady ha un valore a sé stante, unico, si può dire. Tutto ciò che fa la first lady viene seguito con molta attenzione dai media, ogni gesto, ogni iniziativa era fonte di ispirazione. Se il presidente è un po' il padre degli Stati Uniti durante la sua carica, la first lady è la mamma, colei che deve tenere sulle spalle un peso non indifferente nonostante tutti i risvolti positivi della circostanza.


Quasi tutti gli americani osannano questa figura, e molti la invidiano anche, perché si tende a guardarne solo gli onori, dimenticandone gli oneri. Il film racconta di una first lady poco invidiabile, che ha assistito ad una scena orribile, costretta a guardare il proprio marito morire sul suo grembo in un lago di sangue, morte che andava ad aggiungersi ai due figli morti poco dopo la nascita.
Un affresco schietto e che in solamente un'ora e quaranta è riuscito esaustivamente a trattare di alcuni momenti vissuti nella Casa Bianca prima della morte di Kennedy, oltre al dolore indescrivibile di questa donna, che pare sola al mondo.
Natalie Portman è l'asso nella manica del film, una vera e propria regina che è riuscita a fare della sua interpretazione un gioiello. Dietro si trova di sicuro uno studio non indifferente, che va dalle espressioni del viso di Jackie, al suo modo di camminare molto composto e costretto, quasi da burattino, probabilmente una delle interpretazioni meglio riuscite dell'anno, aiutata anche da un trucco e parrucco completamente ispirati e che non escludo la aiutino a guadagnare la statuetta questa notte.
Il suo dolore è qualcosa di struggente, giunge forte e chiaro fin dalle prime scene, ma non tarda a colpire nemmeno la determinatezza di una donna distrutta, che nel lutto deve trovare la forza di far funzionare tutto, la sua immagine pubblica in primis.


Il film nella sua completezza è molto curato nei minimi dettagli, da un'ambientazione impeccabile, a dei costumi sbalorditivi.
Per quanto tecnicamente possa essere invidiato da qualsiasi biografia, forse a causa di questa ripresa un po' sporca, pecca di emotività. Tutto risulta molto freddo, incapace di giungere completamente allo spettatore, come se non riuscisse a superare una barriera invisibile. Vista la prova della Portman in combinazione con ciò che la accompagna, dovrebbe essere una forza della natura, capace di commuovere in ogni singola scena, e invece qualcosa non quadra, non giunge a destinazione, fermandosi a metà strada. Lo senti il magone che sta risalendo dalla gola, ma si blocca a metà strada, qualcosa gli impedisce di scoppiare in un pianto disperato.
Avevo la sensazione che sarebbe andata così già da prima di entrare in sala, perciò non posso parlare di una vera e propria delusione, ma di sicuro si tratta di una chance perduta ed irrecuperabile, perché difficilmente potranno esserci film in futuro su Jackie perfezionati fino a questo punto. Tutta questa perfezione tecnica e scenografica ha dovuto inevitabilmente rubare dello spazio alla componente emotiva, come se le due cose non potessero convivere, come se non ci fosse abbastanza spazio per entrambe, anche se pare un discorso indifendibile, in qualche modo riesco a capire.

Commenti

  1. Concordo sulla bravura della Portman (una curiosità, alla fine l'hai visto doppiato? Io, in originale, ho mal sopportato il suo accento), ma non sono un amante di questo mimentismo così ostentato. Dalla mia, penso che la somiglianza - in un biopic - serva fino a un certo punto a rendere la personalità del protagonista o della protagonista. Meno voce sospirata e più cuore, in generale, non avrebbero guastato. Un po' colpa sua - non amo le prime della classe, vedi la Streep di The Iron Lady, per dirne una - e un po' per colpa del film, splendido e freddo. E trattandosi di dramma, di lutto, volevo sentire più il suo dolore e vedere meno cornici intarsiate. Gli riconosco grandissimi pregi, ma in definitiva non mi è piaciuto. Ho provato antipatia verso la first lady, che forse non piangeva tanto il marito quanto il perduto status symbol (Camelot, senza più regine), e per osmosi ho sentito lo stesso verso Natalie, che eppure è una delle mie attrici preferite, anche se funziona solo in certi film. Più leggera, in Thor o in No strings attached, era un pesce fuor d'acqua. :)

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    1. Purtroppo l'ho visto doppiato. Ho deciso di vederlo al cinema e da me, a meno che io non vada in culo a Giove, non è facile trovarlo in versione originale. Ma ho presente l'accento perché avevo visto delle clip.
      Sono quelle classiche bravure straordinarie che non sempre riescono a raggiungere l'obiettivo. Dipende molto anche dalla parte che devono interpretare. Lei credo di non averla mai vista tirata quanto qui. Il film in sé non si puó dire che sia brutto, assolutamente, ma poteva venire meglio, poteva esprimere molto di piú e sarebbe stato una bomba.

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  2. Ti faccio una domanda: hai visto altri film di Larraìn oltre a questo? Te lo chiedo perchè a molti neofiti di questo regista il suo stile appare freddo e impersonale, in realtà non è affatto così... però capisco bene che la prima impressione che si ha è proprio questa. Larraìn è un regista essenziale, poco incline al sensazionalismo, il cui modo di fare cinema è distante anni-luce da quello hollywoodiano (e non a caso in America il film è piaciuto pochissimo). Sarebbe stato facile realizzare un prodotto agiografico e retorico, pomposo e spettacolare, per strizzare l'occhio al grande pubblico, ma Larraìn non si è svenduto allo star-system ed ha tirato dritto per la sua strada. Prova a vederti i suoi lavori passati e vedrai che capirai meglio anche "Jackie" (è un invito, non un rimprovero :) ).
    Io, per dire, mi sono commosso eccome vedendo questo film. Però il pathos di "Jackie" è sottinteso, trattenuto, molto intimo e pudico. Però, per quanto mi riguarda, ho versato lacrime copiose nella scena del funerale ripreso dal finestrino della macchina, emblema del dolore della protagonista: sullo sfondo, di riflesso, va in scena un momento storico che appartiene alla Nazione intera, ma il dramma umano di Jackie è personale e in perfetta solitudine. La donna più potente d'America si ritrova da sola a piangere il marito, come qualsiasi altro essere umano. E il suo dolore, anzi, se possibile è ancora più amplificato...
    Scusa la prolissità, era solo per chiarire meglio il concetto. Buona nottata cinefila! :)

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    1. Hai fatto bene, come sempre i tuoi accorgimenti sono molto interessanti.
      No, è il primo che vedevo suo, gli altri sono andata ad informarmi ma non li conosco e li recupererò. Però capisco cosa dici, e ho provato ad interpretarlo così come dici tu, dal punto di vista personale del lutto di Jackie, però credo che, a prescindere da quale possa essere lo stile o il passato di un regista, se il film non emoziona non emoziona e basta, da lì in poi dipende dall'emotività si chi lo guarda. Credo piuttosto che questo singolare modo di fare cinema, un po' freddo e distacca, proprio perché ricercato non riesca a tocare tutti. Può essere?

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  3. bello, funziona sul lutto, mi è piaciuto un po' meno quando si parla di "eredità Kennedy"

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    1. Infatti questo punto è stato trattato in modo anche abbastanza frettoloso, ma il dolore di Jackie si percepisce anche se non commuove, a mio avviso.

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  4. Visto l'altra sera ed è un film molto bello, ma c'è qualcosa che gli manca o almeno qualcosa che non sono riuscita a cogliere dal racconto e che mi sarebbe interessato. Ne parlerò da me :)

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    1. Anche per me mancava qualcosa, anche se di sicuro rimane impresso, se non altro per le stupende immagini che ci regala.

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